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Ricatto d'amore

Regia di Anne Fletcher vedi scheda film

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La recensione su Ricatto d'amore

di PompiereFI
6 stelle

Agli americani piacciono tanto le commedie riguardanti storie d’amore con annesse cerimonie matrimoniali (chissà perché, poi, visto che è un paese incline ai divorzi) e gradiscono farcirle con tutti gli ingredienti possibili. Pensate che proprio in America è scoppiata da poco una nuova mania: le torte per divorziare. Una volta dissipate rabbia e incomprensioni, gli statunitensi hanno voglia di festeggiare con regali e le immancabili torte. Ovviamente a tema… Il peggio è che il sapore delle torte e dei film è sempre lo stesso. E, alla luce di questa “tendenza”, le pellicole appaiono anche fuori (dal) tempo.

Gli esempi sono molteplici: si va dal sentimentalismo stucchevole sparso a piene mani, alla vittoria del concetto di famiglia che prevale su quello arrivista e yuppie, passando per la cerimonia nuziale che assume toni quasi comici e che ci dice, in fondo, che è tutto uno scherzo e non c’è da aver paura. Dal matrimonio improvvisato per interesse a quello fatto così, tanto per ingelosire l’amichetta di turno.

L’impressione è che gli autori si affannino nell’esclusivo tentativo di rassicurarci e dirci che non era, e non sarà mai, una cosa seria. Soprattutto perchè le commedie che vengono dagli USA mancano sempre inevitabilmente di coraggio e le ultime sembrano essere destinate in prevalenza a una platea puramente femminile. E come mai? Ai maschietti cosa piace, la “Bay area” presidiata dai Transformers?


Nell’ufficio della Sig.ra Tate (Sandra Bullock) si riga dritto. L’arpia, sprezzante dirigente di una casa editrice, ha al suo servizio un vassallo, una specie di segretario, un assistente che non lesina corse mattutine per prendergli il caffè (che lui beve ossequiosamente uguale a quello di lei) e corse notturne a comprarle i Tampax. Andrew (Ryan Reynolds) sa tutto del suo direttore, dalle allergie alle quali è affetta ai tatuaggi stampati sul suo corpo. Un pericolo, però, incombe sulla testa della padrona: la validità del suo permesso di soggiorno viene negata e rischia di essere rimpatriata in Canada. Dovrebbe lasciare il paese almeno per un anno, ma se venisse espulsa non potrebbe più lavorare per un’azienda americana… Che fare?

Per Margaret Tate la soluzione è sotto i propri occhi: imporre uno sposalizio di convenienza al fidato Andrew e, in un fine settimana, cercare di apprendere il più possibile su di lui prima che l’ufficio governativo, non troppo convinto dell’affair, inizi a indagare. La nostra bella Margaret dovrà mettere da parte, per un momento, la scopa volante che usa a mo’ di strega se vorrà riuscire nell’intento.

Malgrado la buona intesa tra Ryan Reynolds e Sandra Bullock, il film non ha niente per risultare memorabile. Eppure qualche volta è pure divertente, leggero, simpatico; le battute hanno i tempi e i luoghi giusti. Solo che è pieno zeppo di maschere e terminologie abusate che si fa fatica a capire se stiamo assistendo a “Ricatto d’amore” piuttosto che a “Il Diavolo veste Prada”, a “Green card” o a  “Ti presento i miei”

I protagonisti, nel loro accordo, non hanno fatto i conti con i sentimenti. Soprattutto lei si era dimenticata cosa voleva dire avere una famiglia, ancora una volta elemento rassicurante e montato ad arte. Il ricatto, quindi, è piuttosto quello che viene fatto a noi spettatori che ancora una volta ci troviamo a sorbirci la tiritera del “ma quanto era bello quando si stava tutti insieme”. Ecco, pertanto, che ci sventolano in faccia una nonnina novantenne che fa finta di morire in nome dell’unità domestica.

La scena del balletto di Margaret intorno al fuoco, acceso nel bosco dall’intraprendente nonna travestita da indiana, è pateticamente new age e stona col resto del film. In fondo quello che interessa veramente alla supermanager sono i bei paesaggi, la casa lussuosa e la famiglia di Andrew il quale risulta il personaggio più anonimo. E’ così scialbo, schematico e poco approfondito tanto da guadagnarsi il Premio “Decotto d’amore” dell’anno.

Dimentichiamoci delle promesse di nudo integrale (il quale, invece, è solo ben nascosto e non dovrebbe interessare nessuno) che sono servite alla produzione per lanciare il film e stuzzicare le “pruderies” degli ultimi caldi estivi. E, come farebbe qualsiasi segretario devoto, non ci resta che prendere appunti su questa pellicola che passa e va, trascurabile come la pioggia in mezzo all’Oceano.

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