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Palazzina Laf

Regia di Michele Riondino vedi scheda film

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La recensione su Palazzina Laf

di Souther78
4 stelle

Film di denuncia, o... di assoluzione? Se questo film parlasse di Hitler, lo accuserebbe di essere stato un cattivone, per aver organizzato il fallito golpe di Monaco nel 1923. Come a dire: guarda il dito, anzichè la luna... Morale a parte, narrazione piatta e inconcludente, con personaggi privi di spessore.

 
Film di denuncia... o di assoluzione?
 
Il cinema impegnato nostrano ha latitato, negli ultimi decenni, relegato a pochissimi autori arditi e affermati abbastanza da non temere le ripercussioni delle proprie opere. Il sostrato giuridico e giudiziario del Belpaese, d'altronde, non possono che disincentivare un certo cinema, considerando la onnicomprensiva formulazione dell'art. 595 c.p., che contempla il reato di diffamazione in ogni caso di lesione dell'onore o della reputazione altrui, perfino a fronte di esternazioni veritiere. E con margini di profitto assai più risicati di quelli hollywoodiani, il rischio di finire sul banco degli imputati e impelagati in cause e risarcimenti è tutt'altro che accettabile per molti. Su simili premesse, non possiamo che accogliere con gioia, e perfino un misto di stupore e ammirazione l'opera di Michele Riondino, incentrata sull'ILVA di Taranto.
 
Secondo Wikipedia:
"Per ciò che riguarda la perizia epidemiologica, i modelli epidemiologici adottati dai periti di parte nominati dalla Procura di Taranto hanno attribuito per tutte le cause di morte, nei sette anni considerati:
un totale di 11 550 morti, con una media di 1650 morti all'anno, soprattutto per cause cardiovascolari e respiratorie;
un totale di 26 999 ricoveri, con una media di 3 857 ricoveri all'anno, soprattutto per cause cardiache, respiratorie, e cerebrovascolari".
 
Viste le fonti, possiamo immaginare che i dati reali siano superiori nell'ordine di decine di volte. Ma facciamo finta che siano esatti. C'è una storia da raccontare.
Forse troppo banale, scontata, e perfino conosciuta al pubblico? Difficile crederlo, considerando che perfino nei commenti su questo sito c'è gente che afferma di non capire nemmeno dove si svolga il film e quale misterioso "dialetto del sud" si parli. Ma facciamo finta che sia così, e che una narrazione incentrata sul disastro umano, ambientale e sociale, sarebbe stata troppo scontata. Ebbene, sempre Wikipedia ci informa che: "Il 30 settembre 2017 la Regione Puglia ed il Comune di Taranto, unitamente alle associazioni ambientaliste e a cittadini di Taranto, avevano già impugnato - presso il Tribunale amministrativo Regionale della Puglia di Bari sezione staccata di Lecce - il decreto del presidente del consiglio dei Ministri con cui si prorogano i lavori di copertura dei parchi minerali e l'immunità penale dei gestori sino al 2023. Ricorso trasferito per competenza al Tar del Lazio,che il 18 Luglio 2019 lo rigetta mantenendo in vita il DPCM sopracitato" [...] "In ultimo in data 07-08-2019 il Consiglio dei Ministri del Governo Conte con proprio decreto reintroduce L'immunità penale".
 
Quindi abbiamo un mostro per definizione, che, secondo le stime ufficiali, ha immesso nell'ambiente il 92% di tutta la diossina dispersa in Italia, causando decine di migliaia di morti e di ammalati, con aggravio delle finanze pubbliche, e, dall'altro lato, abbiamo un governo che, con la carta straccia del DPCM, bypassa decisioni giurisdizionali, di fatto esautorandole, e organi di giustizia amministrativa che, in totale spregio del diritto e della salute pubblica, avallano simili nefandezze. Forse questa denuncia sarebbe stata più interessante e meno scontata? Forse si sarebbe potuto fare anche di meglio! Che ne dite, se il governo che ha coperto e protetto il mostro, illegalmente, e scavalcando le leggi penali e la Costituzione, consentendo l'impunità per la strage compiuta e per l'inquinamento prodotto, fosse lo stesso che ha segregato per anni un'intera popolazione, con la scusa di voler/dover salvare le vite di tutti dall'influenza? Ma anche lo stesso stato che sta letteralmente impedendo ai cittadini di spostarsi, vietando di circolare in auto o con auto a benzina, e che però si fa difensore dell'ILVA? Sì, lo stesso governo e lo stesso stato che hanno distrutto l'economia nazionale con la scusa dell'influenza, dicendo di voler anteporre la salute pubblica... che però hanno buttato nel cesso la salute pubblica (e la spesa pubblica per la sanità), in nome del profitto dell'ILVA.
Ecco, questo sarebbe stato un film di denuncia che ci sarebbe piaciuto vedere. Qualcosa di utile, di attuale, di propositivo.
 
Purtroppo, il regista ha preferito concentrare la propria attenzione sul racconto di un episodio spiacevolissimo e assai riprovevole, per il quale le persone coinvolte hanno tutta la nostra compassione. Il demansionamento è triste, il mobbing lo è ancora di più. Certo, anche il fatto di finire in depressione per non lavorare, è sintomo di un'umanità malata e talmente avvezza alla propria prigione, da prendersela con chi la libera anzichè con i carcerieri. Ma sorvoliamo... L'ILVA è brutta e cattiva perchè 30 anni fa ha mobbizzato 79 dipendenti, ma Giustizia è stata fatta, con la gravissima condanna per nientepopodimenoche "violenza privata" (il reato più generico e ridicolo dell'intero codice penale) e frode processuale (non si sa a che titolo poi). Che dire? La magistratura ha fatto il suo, i cattivi sono stati puniti, i buoni hanno vinto. Andiamo a casa contenti, e siamo a posto così. Sì, certo, resta l'eco-mostro, le decine di migliaia di morti e ammalati, che nel frattempo saranno diventati milioni, il governo massone, lo stato massone, la giustizia massona, che strumentalizzano finte malattie per distruggere intere economie, e garantiscono l'impunità a chi causa vere malattie, per proteggere interessi economici precisi. A quest'ultima circostanza si può cogliere un velatissi(missi)mo riferimento nella constatazione del dipendente, che fa notare come non si produca nulla, sul territorio, per il territorio, ma a favore di interessi diversi.
 
Messi da parte gli ideali, cosa offre la visione di questo lungometraggio? Il protagonista/regista non entusiasma in nessuna delle due vesti: il suo personaggio sembra semplicemente uno sciocco senza casacca, con qualche dubbio e profonda ignoranza. Se questo era lo scopo della rappresentazione, allora il risultato è stato eccezionale. Purtroppo, però, risulta assai difficile entrare in empatia con questo signore poco espressivo, alquanto equivoco e privo di spessore e carattere. Come al solito, salvo che si voglia realizzare un documentario, è doveroso rammentare che la messinscena richiede adattamenti e "drammatizzazioni" per coinvolgere il pubblico: il classico personaggio senza una storia e senza piglio, in balia degli eventi, non può che produrre una frattura totale tra spettatore e spettacolo, precludendo l'immedesimazione e il coinvolgimento. Anche l'aspetto didascalico è comunque carente, posto che soltanto verso la fine del film si cominciano a dipanare gli eventi e le ragioni, senza però che si possa compiutamente realizzare il senso, se non alla fine. E, forse, neppure allora.
 
La ricostruzione storica lascia alquanto a desiderare, tra targhe palesemente finte e auto un po' anacronistiche: la Lancia Thema hanno smesso di farla nel 1994, quindi nel 1997 non sarebbe stata adeguatissima come auto di rappresentanza per un importante dirigente. Al contrario, la bmw serie 3 Compact, hanno iniziato a fabbricarla nel 1994, e pure immaginando che il personaggio che la guida l'avesse comperata appena uscita, nel 1997 non avrebbe avuto neppure 3 anni, eppure la vediamo con fari opacizzati dall'età e una carrozzeria totalmente rovinata. Non parliamo, poi, della Panda "aziendale", con parti non originali e vernice completamente deteriorata dal tempo. Insomma, sicuramente dettagli, che tuttavia tradiscono una scarsa cura in fare di realizzazione.
 
Contestualizzando quest'opera nella dimensione cinematografica contemporanea, molti la accostano al film di Paola Cortellesi C'è ancora domani o a Cento domeniche di Antonio Albanese. Sicuramente le tre opere sono accomunate dalla totale inconsistenza della critica sociale: il primo è una spazzatura oscena e ridicola di propaganda dell'agenda 2030, che peraltro non ha nessun tipo di attinenza con l'attualità, se non nella mente perversa e malata dei massoni del WEF. O, per meglio dire, nelle menti da loro plagiate, poichè a loro stessi è più che chiara la verità (cioè che non c'è nessun tipo di problema nel rapporto tra uomini e donne nelle società occidentali, salvo quelli da loro provocati o rappresentati falsamente dai loro media). Il secondo film, quello di Albanese, a sua volta si risolve in una sorta di bacchettamento edulcoratissimo dalle dichiarazioni a latere del regista. Tra tutti, questo è l'unico ad avere perlomeno dalla sua la narrazione di una vicenda veritiera, benchè ormai datata e francamente di interesse totalmente trascurabile, alla luce di ciò che nel frattempo abbiamo visto accadere. In definitiva, tutte e tre le opere, più che dalla denuncia, sono accomunate dalla inconsistenza della denuncia, nonchè da una certa noia che accompagna la visione, che si rivela pleonastica, ridondante, priva di picchi e monotona.
 
 
 
 
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