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Nothing Personal

Regia di Urszula Antoniak vedi scheda film

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La recensione su Nothing Personal

di pazuzu
8 stelle

Due corpi a stretto contatto su un letto, petto contro schiena, sdraiati sullo stesso fianco e nella medesima posizione: lei dietro, nuda e tesa; lui davanti, interamente avvolto da un lenzuolo e dalle sue braccia.
La locandina di Nothing Personal ne fotografa probabilmente il vertice drammatico, con un'immagine poetica e al tempo stesso inquietante pronta, a visione ultimata, a caricarsi di significati e restare impressa nella memoria.
La donna e l'uomo raffigurati sono della pellicola i protagonisti unici, se si esclude qualche fugace apparizione di terzi.
Lei si chiama Anne, non ha ancora trent'anni ma ha già un'intera vita da dimenticare: dopo aver svuotato di ogni cosa la casa in cui vive(va) ad Amsterdam, mollando mobili ed effetti personali sul marciapiede e lasciando i passanti a spartirseli, toglie la fede nuziale dal dito, quindi, zaino in spalla, inizia a vagabondare, spostandosi in Irlanda e lì girando senza meta tra gli aspri saliscendi del Connemara, dormendo in una tenda da campeggio e raccattando tra i rifiuti il cibo di cui nutrirsi.
Lui si chiama Martin ed ha circa il doppio della sua età, e da quando la moglie non c'è più non ha nessuno con cui parlare o che lo aiuti a coltivare l'orto; quando avvista la sua casa, immersa nella vegetazione in un lembo di terra incastonato nel mare, Anne decide di raggiungerla, la trova incustodita ma vi entra ugualmente, rovista nella credenza poi ascolta musica, quindi si spoglia, si butta sul letto e si strofina sul materasso come un animale che segna il territorio, infine deposita un capello sul cuscino e va via.
L'indomani ci torna quando il padrone è presente, ma al suo tentativo di approccio cordiale risponde a maleparole; lui d'istinto reagisce stizzito, poi le avanza una proposta: lavorare il giardino e in cambio venir sfamata. Lei accetta senza esitare, ma al primo abbozzo di conversazione da parte dell'uomo (che vorrebbe di tanto in tanto raccontarsi ed ascoltare) mette subito in chiaro una condizione imprescindibile: niente di personale, nessuna domanda, nessun contatto, nessuna presentazione e nemmeno nessun nome con cui chiamarsi a vicenda, solo un impersonale "You".
Il patto stretto tra i due protagonisti di Nothing Peronal è un crinale su cui si affacciano con crescente disinvoltura e che a turno oltrepassano con coraggio e volontà, forzandosi e al contempo frenando, ricercando in spostamenti minimi il sapore perduto (e represso) dell'emozione. Anne e Martin hanno in comune il rispettivo profondo attaccamento alle proprie solitudini, ad un isolamento voluto e deliberatamente subìto che percepiscono come la forma più completa di libertà; due solitudini di stampo assai diverso, indotta da un passato foriero di sofferenza e paure quella di Anne, dettata dalla stanchezza di chi ha serenamente deciso di smettere di guardarsi attorno quella di Martin; due solitudini autentiche e fiere che si accostano per semplice convenienza, sviluppando un rapporto di solidarietà indiretta, un mutuo sostegno che le porta via via a lambirsi e sovrapporsi dietro la spinta crescente di un bisogno di calore ed empatia presente e innato ma tuttavia insufficiente ad annullarle od unirle.
La regista e sceneggiatrice polacca Urszula Antoniak, qui all'esordio sulla lunga distanza dopo una gavetta fatta di cortometraggi e serie tv, nulla spiega in concreto sui trascorsi di questi due personaggi in cerca di anonimato, ma ne suggerisce personalità e caratteri attraverso sguardi e gesti impercettibili, tramite particolari all'apparenza insignificanti: arricchito da una colonna sonora che dalla lirica di Schubert e Mozart spazia fino al country americano di Porter Wagoner e Patsy Cline o al folk rock irlandese dei The Saw Doctors, Nothing Personal è un film toccante ed etereo, fatto di poche parole e d'azione sospesa, di lievi inattese spruzzate di caustica ironia, di sentieri ispidi e folate di vento, in cui accanto al mestiere del sempre affidabile Stephen Rea ed alla bellezza selvatica della sorprendente Lotte Verbeek, ad assurgere al ruolo di vera e propria terza protagonista è l'atmosfera riottosa ed austera del Connemara, perfettamente servita dalla fotografia densa, scura, ma attenta alle tonalità calde, di Daniel Bouquet.

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