Regia di Antonio Pietrangeli vedi scheda film
La galleria di situazioni a cui passa attraverso la protagonista Celestina ricorda già molto di quella che sarà le vena ritrattistica di Pietrangeli, autore sempre legato a personaggi femminili apparentemente semplici, eppure profondamente complessi: La parmigiana, Io la conoscevo bene, Nata di marzo ripartiranno da spunti già presenti qui in questo esordio registico. Celestina è ingenua, ma ha una morale fortissima (e riesce a cacciare via il padre del suo bambino); è fiduciosa (nel domani, negli estranei), ma esasperata dagli eventi arriva a tentare il suicidio; è umile e modesta, ma sa cosa vuole per sè e fin dall'inizio dichiara apertamente di non accettare con leggerezza la situazione in cui si trova. Ma porta avanti quella che è la sua vita, anche se non le piace, mostrando una forza d'animo non indifferente: una donna di Pietrangeli, appunto. Il film in sè non è un capolavoro ed appartiene di diritto al filone del neorealismo rosa: un'Italia che si sta ricostruendo, che cambia velocemente, un popolo che viene descritto nel suo travaglio, nel suo affanno con il comodo - per il pubblico - espediente della storia sentimentale. Ma il plusvalore dell'opera è, appunto, nello spessore della protagonista.
Celestina, giovane e povera, dalla provincia è costretta a trasferirsi a Roma, per fare la cameriera. Non si trova bene, viene cacciata dalla famiglia in cui serve e ricomincia a lavorare presso una coppia di anziani siciliani, che la adorano e le promettono perfino un loro terreno in Sicilia in eredità. Nel frattempo è rimasta incinta di un ragazzo che l'ha abbandonata; quando lui ritorna però lei lo snobba. Celestina si getta sotto un tram, ma sopravvive e vuole tenere il bambino, sia pure da sola.
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