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C'è ancora domani

Regia di Paola Cortellesi vedi scheda film

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La recensione su C'è ancora domani

di pazuzu
6 stelle

Nonostante qualche difetto, C'è ancora domani trasuda amore per i personaggi femminili che descrive, vale per il sorprendente crescendo di emozioni che riempie l'ultima mezzora, e si distingue per l'uso originale delle musiche.

 

 

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Pronti, via: Delia (Paola Cortellesi) si sveglia nel letto che divide che il marito Ivano (Valerio Mastandrea), gli dà il buongiorno e questi, senza neanche ricambiare il saluto, le molla un ceffone in pieno volto. A casa sua, Delia conta meno di zero. Ma già definire 'sua' la casa è quasi una forzatura: la casa è di Ivano, padre dei suoi tre figli e padrone di tutto, anche dei soldi che lei guadagna alternando lavori da sarta e iniezioni a domicilio. Perché chi porta il grosso del denaro a casa è lui, che non manca di farglielo pesare umiliandola in continuazione, così come spegne sul nascere qualsiasi sogno di istruzione della figlia primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano), la quale sa già che non andrà alle scuole medie perché i soldi per quelle lui li sgancerà solo per i maschi, ora ancora piccoli: per lei, la sola speranza è fidanzarsi con Giulio, un ragazzo benestante che le fa il filo e potrebbe portarla via da quella galera. Ma qualcuno, in casa, verso il quale Ivano porta rispetto c'è, ed è suo padre Ottorino (Giorgio Colangeli): stronzo come lui, solo più vecchio e allettato, di fatto accudito h24 da Delia, alla quale di tanto in tanto si sente anche in diritto di toccare il culo.

 

Nella Roma del 1946, da poco liberata e a un passo dal referendum istituzionale, dove misura della miseria ancora diffusa sono le file di gente accalcata fuori dagli alimentari per accaparrarsi pane e pasta, a dare ossigeno a Delia è l'amicizia con Marisa (Emanuela Fanelli), che non perde occasione per incoraggiarla a scappare, a regalargli un sogno è Nino (Vinicio Marchioni), un ex spasimante che lavora in un'autofficina ma vorrebbe portarla con sé al nord, dove si guadagna di più, e a fornirle un'ultima speranza è una lettera che, inattesa, giunge - a casa sua - intestata proprio a lei.

 

 

Con la sua prima regia, Paola Cortellesi ha voluto rendere omaggio alle tante donne invisibili che hanno vissuto l'Italia degli anni '40, donne oppresse da una cultura patriarcale incancrenita da vent'anni di fascismo, alle quali mancava la consapevolezza stessa della propria condizione; lo fa con sguardo disincantato e la volontà di sorriderci su mettendosi dalla loro parte, improntando la narrazione su un doppio binario che però rischia di smottare da ambo i lati: se sul versante del dramma, infatti, l'ansia di comunicare in maniera chiara porta a qualche eccesso di didascalismo, su quello della commedia la tendenza è ad un sopra le righe (sia a livello di scrittura che di recitazione) che talvolta stona. Ma nonostante qualche difetto, C'è ancora domani trasuda amore per i personaggi femminili che descrive, vale per il sorprendente crescendo di emozioni che riempie l'ultima mezzora, e si distingue per l'uso originale delle musiche, che a volte dialogano con le immagini (A bocca chiusa di Daniele Silvestri), altre volte le raccontano (Aprite le finestre di Fiorella Bini), e altre ancora fanno da colonna sonora a balletti surreali (Nessuno di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti).

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