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Stella solitaria

Regia di John Sayles vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su Stella solitaria

di Enrique
6 stelle

Il deserto del Texas, al confine con il Messico, è un crocevia di stelle solitarie.

Quella che ha lasciato un’apprezzata impronta duratura (anzi, nonostante tutto, indelebile).

Quella che non va mai in cerca di guai, tranne quando quei guai fanno parte della sua vita.

E quella che attende solo il momento giusto per servire la sua vendetta spietata.

Stella solitaria è un “trip” riflessivo sulle origini di una comunità di frontiera, che smania intensamente di commemorare a tutti i costi l’unico “eroe” bianco che si ricordi da quelle parti. E questo è tutto dire.

Le radici di quella comunità allignano su un arido e bellicoso terreno multirazziale, nel quale la storia fece incrociare destini diversi. Di messicani, spagnoli, afroamericani, seminole e wasp. Eppure i massicci e clandestini flussi migratori sono ancora forieri di drammi umani dolorosi che provocano ferite difficili da rimarginare. Soprattutto se si incomincia a grattare anche solo un poco la superficie di quel terreno, sì da far emergere le vestigia di un passato ingombrante per tutti. Davvero per tutti.

Stella solitaria ha un andamento circospetto ed un ritmo blando (quasi stagnante a volte), tipici di chi non ha fretta di dissotterrare i segreti sedimentati dal tempo; tipici di chi subodora le insidie di un’indagine solo apparentemente indolore. La trama, poi, frammentata in tanti rivoli narrativi, ha una struttura parecchio rapsodica. Ergo non è propriamente un’opera di forte richiamo. Realizza, nondimeno, un curioso mosaico esotico e multietnico che consente un sincero approfondimento (anche introspettivo) sull’iter di formazione dei processi identitari collettivi e dei singoli. Processi che, ritualmente, interessano i più ricchi melting pot demografici e culturali di tutte le frontiere del mondo.
Esperimenti cinematografici del genere, a volte, possono rivelare piacevoli sorprese.

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