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The Marvels

Regia di Nia DaCosta vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Marvels

di lussemburgo
6 stelle

 

Dopo l’exploit, narrativo (per la conclusione del lunghissimo arco di tutti film del MCU) ed economico, di Endgame, la Marvel sembra essersi ripiegata su se stessa con pellicole sempre più deboli, eroi di secondo piano forzati sul proscenio, l’eliminazione progressiva dei supereroi superstiti e la colpevole perdita, soprattutto, di un punto di vista produttivo univoco e unitario. Con una successione di uscite in sala sempre più deboli, il fulcro dei Marvel Studios sembra essersi concentrato sui prodotti seriali televisivi, nei quali importa la qualità cinematografica degli effetti speciali e, a volte, l’intelligenza di una serializzazione sensata, che parte benissimo con WandaVision per smarrirsi del tutto fino al più recente Secret Invasion.

The Marvels, più che un sequel di Captain Marvel, sembra uno spin-off delle serie Disney che vi confluiscono, ovvero, cronologicamente, WandaVision e Ms Marvel, dove avevano avuto la loro origin story le due coprotagoniste, riunite alla supereroina stellare dai poteri Kree per la comune capacità di manipolare la luce. Se WandaVision è sinora stata il primo e migliore prodotto seriale Marvel, il film non ne eredita la serietà di intenti in una confezione di spessore e ironia melodrammatica, ma si adatta meglio all’altra serie, la cui protagonista adolescente condiziona l’andamento narrativo della pellicola riducendola a un teen-movie con tendenze demenziali. Con i titoli di testa animati dai disegni del diario di Kamala Khan, il film introduce un team-up supereroistico sui generis in cui prevale il divertimento, con scene musicali simil-bolliwoodiane con un intero pianeta danzante, scambi fisici di ruolo con cadute vertiginose e salvataggi in extremis e la conquista a suon di smorfie delle due partner da parte di Ms Marvel. Le sue faccette stupite e rapite dall’eccezionalità delle compagne come dall’avventura spaziale in cui è capitata (grazie a un inghippo quantistico del tutto gratuito) prevalgono sulla seriosità di Brie Larson, che sembra traslata direttamente dalla (bella) serie Apple Lezioni di Chimica, col suo personaggio in apparenza monocorde e al limite dell’autismo; mentre alla terza eroina, Monica Rambeau, già presente da bambina in Captain Marvel, tocca mediare con la ragionevolezza della scienziata tra i due estremi anche recitativi.

Con una nemesi ricalcata sull’altro Kree, Ronan l’Accusatore, e di poco spessore perché monomaniacalmente dedita alla distruzione di quanto legato alla Denvers, il film si concentra in prevalenza sulla costruzione della nuova squadra di supereroine e, infine, sul legame affettivo che si va costruendo (sino al finale “familiare”) per terminare, come da norma, con lo scontro con l’avversaria. Maltrattato dalla critica e snobbato dal pubblico, il film di DaCosta (che quasi ha confessato di aver avuto solo un minimo ruolo registico) non risulta però così inguardabile come le premesse sembrerebbero suggerire, se si accettano la sua natura di film adolescenziale per un target di analoga età, ossia l’evoluzione da space-opera di una Pazza giornata di vacanza, con l’interferenza para-internettiana di gattini pucciosi (benché debitori di Men in Black) e alieni seriosi da Star Trek TNG. Soprattutto, il film va visto come confluenza massima dell’incipit cinematografico del MCU e della sua evoluzione televisiva da derivazione seriale, e come versione tutta femminile del panorama supereroistico (dalle tre protagoniste all’arcinemica sono tutte donne), come già in parte evidenziato nell’ultimo Ant-Man, con la prevalenza della vespa sulla formica, o della preminenza della Valchiria tra gli Asgardiani Ma il film diventa anche significativo per l’abbassamento del pubblico di riferimento della Marvel e la sua sovrapposizione a quello Disney, per il personaggio adolescente, il tono scanzonato e la costruzione di un gruppo di eroi giovani (dei neo-Goonies con poteri) in quanto eredi della prima generazione cinematografica che va annunciandosi nel sottofinale, con l’interlocuzione della nuova Hawkeye, già introdotta nell’omonima serie, in cui Ms Marvel fa le veci di un nuovo Fury per riunire dei novelli piccoli Vendicatori.

Inoltre, come in tutta questa fase del MCU, non manca l’accenno al multiverso con la deriva della Rambeau in un mondo adiacente (ex Fox, per copyright) in cui imperversano i mutanti degli X-Men, prossimi al confluire nell’universo narrativo classico e introdotti ormai da altri film (l’ultimo Dr. Strange, ad esempio). The Marvels è quindi da intendersi più che altro come un film-ponte, sia dal punto di vista narrativo (ad di là della sua cvaga onsistenza come episodio autonomo del MCU) che, soprattutto, in quanto indicatore delle tendenze attuali nella definizione dell’ambito supereroistico cinematografico, con la prevalenza dell’elemento femminile, un abbassamento della serietà narrativa (come già negli autoparodistici Thor a firma Waititi) e dell’età anagrafica dello spettatore di riferimento, sempre più giovanile. In fondo, quindi, è un film a suo modo interessante e, a volte, anche divertente.

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