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Orzowei, il figlio della savana

Regia di Yves Allégret vedi scheda film

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La recensione su Orzowei, il figlio della savana

di Brady
6 stelle

Si tratta di un prodotto piuttosto modesto sotto praticamente tutti i punti di vista. Rimarrà sempre nel mio cuore per ovvi motivi; lo vidi per la prima volta quand'ero bambino. Rimarrà per sempre lì in equilibrio fra l'aura del mito di un'ingenua visione di fanciullo e la realtà che la recente visione mi ha mostrato. Voto 5/6.

Vado a raccontare qualcosa sulla coeva serie di 13 puntate. Mi pare sul sito non ci sia.

 

Orzowei, il trovato, è una di quei primi racconti televisivi che, assiema a Marco Polo fanno parte della mia 'bambinezza'. Ne avevo un ricordo totalmente offuscato. Mi ricordavo molto bene solo l'aspetto del protagonista e la Grande Prova, dove, all'epoca, speravo quel bianco sul corpo sparisse presto affinché si salvasse.

 

Non ho mai letto il romanzo di Manzi, ma avendo letto altro dello stesso autore, non dubito si tratti di una storia interessante la cui trasposizione televisiva forse non sia stata così rispettosa della storia originale.

 

Ovviamente tutto ciò che si vede da bambini assume come una forma semidivina e la storia di Orzowei non è da meno; solo più vaga in quanto ero davvero piccolo quando è uscita.

Di questa serie mi è rimasto soprattutto il mistero e il ricordo di un indigeno bianco che faceva della corsa la sua arma migliore.

 

Ho rivisto tutta la serie in questi giorni, la si trova tranquillamente in rete. La sigla è chiaramente uno dei momenti più intensi che riporta ricordi che vanno oltre la storia. Era diventata una canzone che si cantava anche a casa, con la chitarra. Piaceva molto, ma ogni tanto si tendeva anche a prenderla un po' in giro calcando la mano su quell' 'orzouei uei uei uei....'. Ma era un divertimento da bambini di cui probabilmente ho ancora la registrazione originale su musicassetta.

 

Passando alla storia, l'inizio non è particolarmente originale. Quanti sono i bambini trovati nelle storie, magari su di un fiume, in una cesta,... Qui la differenza è che si tratta di un bambino bianco, probabilmente orfano, che viene adottato da una tribù dell'africa, in particolare da un uomo particolarmente pio e buono che gli farà da padre, come anche altri personaggi che incontrerà su uso tortuoso cammino: Pao di una tribù rivale e Paul un colono boero.

 

La storia è abbastanza interessante accompagnata da alcuni momenti naturalistici della tipica fauna locale, le cui riprese sono tuttavia chiaramente avulse, ogni colta, dal contesto.

Tuttavia, non è particolarmente incisiva. La maggior parte dei combattimenti viene solo raccontata e il fatto di fluttuare da un mondo all'altro non sempre rende la storia apprezzabile. Il tutto è trainato più da singoli episodi che da una storia vera e propria. Salti e discontinuità sono costanti.

 

Anche le battaglie finali sono piuttosto incongrue e non particolarmente ben fatte.

 

Se poi parliamo del finale, dopo tanti moralismi, dopo essersi eletti a forza moralizzatrice dell'africa, aver testimoniato la voglia di pace fra i popoli, gli Swazi comandati dal malvagio Mesei, vengono sterminati senza pietà, ed il villaggio incendiato, donne e bambini inclusi, apparentemente. Lascia un po' l'amaro in bocca. Non ricordavo nulla di tutto ciò.

 

Nulla viene detto del destino dei boeri come delle altre tribù coinvolte e soprattutto del nostro eroe. In quale mondo avrà scelto di vivere e morire per poi andare a caccia dei boschi celesti?

 

Se si deve dare un giudizio complessivo. Si tratta di un prodotto piuttosto modesto sotto praticamente tutti i punti di vista. Rimarrà sempre nel mio cuore per ovvi motivi, ma non posso per questo darne una valutazione che sarebbe totalmente soggettiva.

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