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Arsenio Lupin

Regia di Jean-Paul Salomé vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Arsenio Lupin

di Roiben
5 stelle

Un "ottimo" minestrone

Le interpretazioni di Arsène Lupin e di Joséphine Balsamo sono piuttosto buone. Un giovane Lupin che non ha ancora alle spalle esperienza e banda di semi-delinquenti, e che quindi non sa bene in che direzione puntare, ma è pieno di energia e di voglia di fare. La contessa di Cagliostro, a parte l’aspetto, è quasi esattamente come me l’ero immaginata durante la lettura dell’omonimo romanzo di Leblanc. Le ambientazioni d’epoca sono piuttosto azzeccate e hanno dei colori un poco malinconici che fanno pensare ad avventure di un secolo prima.

Qui, mio malgrado, terminano le note positive.

Iniziamo con quelle negative.

Un minestrone di fatti incongruenti l’uno con l’altro, l’uno dopo l’altro, l’uno sull’altro. Solo per fare alcuni esempi, Clarisse, la futura prima moglie di Lupin, non è una Dreux-Soubise ma una d’Étigues, figlia del barone Godefroy d'Étigues. Lupin, dopo la separazione della madre dal padre, decide di chiamarsi Raoul d’Andrésy (dove Raoul è il suo secondo nome, e d’Andrésy è il cognome da nubile della madre, che per inciso muore quando Lupin ha solo dodici anni), quindi non ha senso che Clarisse lo chiami Lupin, dato che scopre la sua vera identità solo in seguito, e soprattutto non si conoscono da bambini. I Dreux-Soubise erano la famiglia parigina presso la quale Lupin e sua madre erano andati a risiedere dopo la scomparsa del padre e dopo che la famiglia di lei li aveva cacciati di casa. Théophraste Lupin fugge negli Stati Uniti ma viene arrestato e muore in prigione (e NON è Beaumagnan, per l’amor del cielo!). Clarisse dà alla luce la prima figlia morta, e muore lei stessa dopo aver dato alla luce il secondo figlio (Jean), ma di parto, non ammazzata da Joséphine, che (strano a dirsi) comunque finisce con il rapire il figlio di Lupin per i suoi scopi di vendetta. Lupin ha già ventotto anni quando viaggia a bordo della nave “La Provence”, quella che si vede all’inizio del film, pertanto cronologicamente è un fatto errato. Kesselbach compare solo molto più in là negli anni, e non viene ammazzato affatto dalla Cagliostro e quindi non c’entra nulla con il presente del film. L’occhio di vetro del sedicente duca di Dreux-Soubise non appartiene affatto al suddetto, ma a un deputato parigino, tale Daubrecq, che fa parte di un’avventura molto il là con gli anni, ovvero quando Lupin era davvero famoso. Il mistero delle sette abazie non risolve automaticamente quello della guglia cava, ma piuttosto quello del tesoro annesso al candelabro dai sette bracci. La collana della regina non può comparire tutta intera nella cassaforte della Cagliostro, perché Raoul l’ha rubata a sei anni dai Dreaux-Soubise e poi venduta un pezzo per volta per risarcire le sofferenze causate alla madre (e di sicuro non l’ha data al padre, perché il padre nel migliore dei casi era latitante negli Stati Uniti, e nel peggiore morto in cella).

In buona sostanza ho apprezzato le ambientazioni retrò e il tentativo di rendere a Lupin la sua forma fisica invidiabile, nonché agilità e potenza di cui parlava tanto Maurice Lablanc. Ma almeno un minimo di coerenza con i fatti raccontati! E qualche sorriso in più da Lupin non ci sarebbe stato male: qui è sempre serio, quasi tignoso, ma in realtà Raoul/Arsène è sempre allegro e scherzoso, parecchio burlone e ciarliero.

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