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All'amore assente

Regia di Andrea Adriatico vedi scheda film

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La recensione su All'amore assente

di chinaski
6 stelle

Andres lavora come ghost writer per una piccola società che si occupa di comunicazione. Andres scrive discorsi per le campagne elettorali di alcuni politici. Andres improvvisamente scompare, di lui non si ha più traccia.
Un investigatore viene incaricato di ritrovarlo. L’uomo va a vivere nella casa di Andres, riesce a farsi assumere nella stessa società in cui Andres lavorava, comincia a frequentare le persone che lo conoscevano. Il padre, la madre malata, la ex moglie, un suo collega.
Andrea Adriatico sceglie una linea narrativa volutamente irrazionale e illogica, a tratti onirica, per raccontare una storia misteriosa, con sfumature esistenziali e noir, dove la ricerca di Andres si trasforma gradualmente in una riflessione individuale sulla vita, il rapporto con gli altri, il disagio di non trovarsi più bene nel proprio lavoro, nelle relazioni umane stabilite. Si muovono come fantasmi i personaggi, immersi in una città sospesa, notturna, su cui si rovescia un temporale che non sembra mai avere fine. L'acqua diventa elemento drammaturgico e simbolico: l’esigenza di essere purificati, il bisogno di togliere via macchie e colpe, il tentativo di cancellare i propri errori.
Sullo sfondo si allargano le ombre di una politica fatta solamente di belle parole e bei discorsi, piéce teatrali da recitare davanti ad un pubblico da trasformare in voti, non a caso il politico, mentre parla, si muove su un palco rialzato, adeguato proscenio per la sua esibizione. E il pubblico, ripreso di spalle, assiste allo spettacolo, lasciandosi trasportare dai suoi discorsi.
Andres si era accorto delle bugie che vendeva. Di come le parole che scriveva per gli altri perdevano sempre più valore, mentre gli spazi tra di esse diventavano baratri nei quali correre il rischio di cadere, fino a scomparire, a perdersi.
Il limite del film è proprio quello dell’eccessiva ambiguità, della voluta separazione tra realtà e immaginazione, una divisione che lascia lo spettatore in balia di una visione confusa e a tratti narcisistica, dove il regista si esibisce in articolati e danzanti movimenti di macchina che rimangono fini a se stessi, senza una funzione narrativa o filmica. In questo modo ci si perde nella stessa maniera di Andres, con il sospetto che l'illogicità della storia non sia altro che il frutto di una sceneggiatura che tenta in ogni modo di ingannare lo spettatore, come le parole dei loschi politici con i loro ascoltatori.

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