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Teza

Regia di Hailé Gerima vedi scheda film

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La recensione su Teza

di ed wood
4 stelle

Mediocre esempio di cinema "impegnato", fantasma inconsistente di quel "terzo cinema" predicato dai cineasti sudamericani degli anni 60, "Teza" passa in rassegna la Storia recente dell'Etiopia attraverso la vicenda personale di un medico emigrato in Germania. Ambizioso e fallimentare, il film di Gerima rispetta tutta la pletora di luoghi comuni di quel sottogenere cinematografico che tenta di intersecare "storie" e Storia, privato e pubblico, affetti/amore/famiglia e politica: dalla "heimat" tedesca alle nostrane "meglio gioventù", passando per i "mercoledì da leoni" a stelle e strisce e via dicendo, tante cinematografie nazionali si sono prestate (con esiti alterni) a questo tipo di rischiosa operazione. E dire che la prima parte prometteva bene: un montaggio esplosivo, fra sincopi e rime, al servizio di una anti-narrazione infarcita di improvvisi flash-back/forward, per restituire un verace affresco di vita e civiltà etiope, con il tempo di un presente inquieto mescolato a quello della memoria (la visita alla caverna dove sono incisi i nomi degli amici uccisi dal regime; il momumento riferito alle guerre mussoliniane) e il ricorrere ciclico di immagini poetiche capaci di dribblare l'estetica del reportage turistico (la donna che fa il bagno al tramonto; l'alba con il cielo infestato da pollini e volatili); a un certo punto, la mdp reagisce "fisicamente" alle urla di dolore del protagonista, scuotendo d'improvviso la pacatezza del paesaggio stesso, e ragalandoci un brivido. Poi però qualcosa si rompe. Quando comincia la rievocazione del passato di Anberber, studente di medicina nella Colonia degli anni 70 e poi dottorando ad Addis Abeba negli anni 80 nell'Etiopia post-Selassie, il film cade rovinosamente in un didascalismo grondante retorica e imbarazzanti sottolineature da ogni inquadratura, da ogni sguardo, da ogni passo della sceneggiatura, dialogo, movimento di macchina o stacco di montaggio. Per esempio: i personaggi (tutti autentiche macchiette del militante settantiano comunista-pacifista-femminista-abortista, ovviamente intellettual-borghese all'ennesima potenza e sempre pronto a voltafaccia clamorosi e a tutelare il proprio interesse individuale sacrificando volentieri i tanto sbandierati valori progressisti) guardano il TG che annuncia un colpo di stato o una rivoluzione (o presunta tale) e intanto Gerima li inquadra mentre annuiscono ripetutamente; l'infima qualità degli interpreti ovviamente non aiuta. Oppure, e qui siamo veramente al punto più basso di quel peccato cardinale del cinema, il cosiddetto "spiegazionismo", ossia il mettere in bocca a dei personaggi un concetto o (peggio) una emozione che dovrebbe trasparire unicamente dalle immagini: Anberber sogna di stoppare, con delle pagine di un libro, la fuoriuscita copiosa di semi da un granaio, e nella scena successiva un vecchio saggio gli spiega esattamente il significato (peraltro banalissimo) del sogno!!! Cose che nemmeno nella più triviale delle fiction televisive...Fa specie poi che in un film così traboccante di retorica e di occhioni sbigottiti, ci sia una donna che uccide il proprio figlioletto di 2 anni, senza mai provare il minimo rimorso (anzi, piangendosi addosso come fosse una vittima, e la regia di Gerima fa di tutto per mostrarcela come una donna "maledetta", rappresentando invece la folla indignata per l'infanticidio come un branco di selvaggi superstiziosi!!! Tanto poi avrà modo anche lei di "rifarsi", con un'altra maternità, aprendo ad un lieto fine più patetico, nonchè trito e ritrito). In preda al barocco sfrenato di una messinscena che tenta disperatamente di colmare col formalismo gli evidenti difetti del copione, Gerima realizza un film che è buono solo come stimolo ad approdondire la questione etiope, fra i tanti pezzi di Storia e di attualità trascurati dai media.

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