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Teza

Regia di Hailé Gerima vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Teza

di obyone
8 stelle

 

Anberber sogna ad occhi aperti: era piccolo quando giocava spensierato nelle aride strade del villaggio, sulle sponde del lago Tana, luogo in cui, a perenne ricordo dell'invasione del Regno d'Italia, rimane una colonna dedicata ad Achille Starace, celebrativa della trionfalistica marcia su Gondar del 1936. È un'epoca lontana ma mai dimenticata ed il bambino che riaffiora nei ricordi dell'adulto, provato nel fisico e nella mente, è una persona scottata da una guerra di propaganda che il Duce mise in atto per rinvigorire il fascismo sul suolo patrio. Una guerra che portò via ad Anberber il padre e che rimane nitida nei ricordi dei vecchi, infervorati al pensiero degli invasori italiani. Primi anni '90. Anberber trascorre i giorni, seduto, sotto la colonna dell'invasore e, mentre riassaggia la vita sonnacchiosa del villaggio, che lo ha visto lontano per molti anni, compie uno sforzo notevole per riannodare i fili della propria esistenza e ricordare il motivo che l'ha riportato alla casa della vecchia madre, privo di una gamba e devastato da incubi che gli inzuppano le notti. Anberber è vissuto per almeno 20 anni nella Germania Est dove ha maturato la propria formazione professionale ed ha abbracciato gli ideali politici della sinistra. Per questo motivo, alcuni anni dopo la deposizione del Neghus Hailé Selassié avvenuta nel 1976, è tornato in Etiopia dove il terreno sembrava pronto ad accogliere il seme di una società più equa e misurata sulle necessità dei più deboli.

 

 

Tramite l'uso del flashback che sposta la scena ora sul 1991 ora sugli anni '70 e in quelli immediatamente successivi, la storia di Anberber si dipana lentamente consentendo ad Haile Gerima di ricostruire gli eventi politici e sociali del paese, vessato, durante gli anni '80, dal governo dispotico del generale Mènghistu Hailé Mariàm. La storia personale di Anberber, alter ego dello stesso autore, anch'egli emigrato negli anni '60 negli Stati Uniti, si mescola, inevitabilmente, alle sanguinose vicende etiopi permettendo al regista una serie di importanti riflessioni sull'uomo, sulla società occidentale e sulla politica. Riflessioni, quelle del regista, che enunciano il tangibile fallimento ideologico di un'epoca che non si poneva limiti nel puntare ad epocali cambiamenti sociali che, a conti fatti, si dissolsero in un nulla di fatto. Animati dalle migliori intenzioni, il giovani etiopi tornavano nel loro paese alla fine dell'epoca imperiale per dare il loro contributo intellettuale, ideologico e pratico, e arricchire un paese fin lì imprigionato dall'assolutismo del Neghus. Un assolutismo che cambiò di colore passando nelle mani del partito comunista e dei suoi corrotti funzionari. La prima considerazione di Gerime è dunque molto dolorosa. Chi ha creduto in un possibile cambiamento della società post sessantottina ha dovuto ingoiare un boccone amaro. La sete di potere e l'avidità hanno messo al muro gli ideali di gioventù. Tesfaye e Anberber tornati nel paese natale per curare le malattie si sono imbattuti nell'arroganza di un potere che non ammetteva libertà di opinione. E qui si arriva al secondo punto dolente dell'analisi. La democrazia, ove presente, è indebolita dalla natura umana che, non riescendo a superare pregiudizi e barriere culturali, rende, di fatto, il principio d'uguaglianza un concetto sterile. Un etiope restava un immigrato africano da mantenere a distanza anche nella "democratica" Lipsia. L'inclusione era un concetto distante tanto più che gli esuli non si sentivano a casa né in patria né all'estero. Alla luce di questi pensieri la caduta del Muro diviene per Gerima un simbolo. È il crollo di un sistema iniquo, certo, ma sancisce, anche, il triste e malinconico tramonto dell'ideale filosofico che inneggiava all'uguaglianza di classe, di razza, sesso e così via. Ideale che viene, brutalmente, gettato dalla finestra in una scena crudele in cui una violenza sancisce il riacutizzarsi di antiche nostalgie nazifasciste. Il fallimento dell'ideale egualitario, tanto in Africa, quanto in Europa, ha dato la spinta al sorgere di nuove ed opposte spinte? Questa sembra chiedersi il regista. Come rialzarsi dopo tale fragorosa e invaldiante caduta? Anberber trova la risposta nei libri. Non più contenitori di un sapere da fare proprio ma scrigno di una conoscenza da elargire e tramandare alle nuove generazioni. Solo l'istruzione e la perseveranza possono vanificare l'ombra, proiettata da una sterile colonna, di condizioni di vita tribali, superstizioni arcaiche, ignoranza ed individualismi personali e nazionali. Anberber e Gerima ci credono, crediamo anche noi.

 

Chili Tv

 

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