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Triage

Regia di Danis Tanovic vedi scheda film

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La recensione su Triage

di FilmTv Rivista
4 stelle

Siete mai stati in un pronto soccorso? Magari con un arto fratturato, in preda a dolori indicibili? E con un colore giallo che vi tiene lontano da una sala operatoria, da una cura temporanea o almeno da un antidolorifico. Quel colore segna la tua priorità rispetto a tutti i feriti catapultati in quell’ospedale da incidenti e malattie, è parte di quel semaforo della vita (e della morte) che è il Triage. Rosso, giallo, verde, una graduatoria di dolore e, soprattutto, sopravvivenza per medici e pazienti. A volte è una scelta, altre un azzardo. In questo film di Danis Tanovic questo sistema di classificazione è l’essenza del momento più intenso e potente di una pellicola non riuscita, 20 minuti in cui Branko Djuric e Colin Farrell ci raccontano guerra, morte e misericordia in quella no man’s land che è il Kurdistan perennemente in guerra. Il regista disegna la figura di un medico che con due cartellini, uno blu e uno giallo, sceglie una guarigione fatta di sofferenza o una morte veloce, che lui stesso dà con una pistola. Farrell è l’occhio un po’ cinico e molto incosciente di un fotoreporter che non si ferma davanti a nulla. Promettevano bene, ma appena il fotografo torna in Irlanda, senza il compagno di tante battaglie, con troppe foto troppo vere, una gamba fuori uso e il cuore spento, l’opera si sgonfia sotto il peso di una retorica sentimentalista a cui si aggiungono anche la bellezza pleonastica di Paz Vega e l’inadeguatezza di un (ex) mostro sacro come Christopher Lee. Tanovic, sopravvalutato fin dal suo Oscar, si perde in un film che non prende mai una strada chiara, che arriva persino a mescolare e comparare le nefandezze franchiste alla tragedia curda, per un noir bellico-esistenziale in cui il finale fa acqua da tutte le parti (in tutti i sensi). Si salva il confronto, morale e visivo, tra i due fotografi. Il superstite e il disperso (chi è l’uno e chi l’altro?): nel primo c’è la morte e l’atrocità, nel secondo vita e bellezza. Tanovic vorrebbe riunirli in sé, ma la sua è solo un’istantanea completamente fuori fuoco.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 47 del 2009

Autore: Boris Sollazzo

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