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Gorbaciof

Regia di Stefano Incerti vedi scheda film

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La recensione su Gorbaciof

di Peppe Comune
6 stelle

Marino Pacileo è a tutti noto con il nome di Gorbaciof per la vistosa voglia che porta sulla fronte. Fa il contabile nel carcere di Poggioreale a Napoli, non è sposato, vive da solo, ha sempre i capelli unti e ha una camminata frenetica particolarmente fantasiosa. Ha la passione per il gioco e per le partite a poker si rintana notti intere nel retro di un ristorante cinese. E 'qui che conosce la bella Lila (l'esordiente Mi Yang) di cui si innamora ed è per proteggerla da un padre (Hal Yamanouchi) che potrebbe farla prostituire per coprire i debiti di gioco contratti con un noto avvocato napoletano (Geppy Geijeses), giocatore fisso pure lui e sempre accompagnato da un sinistro guardaspalle (Gaetano Bruno), che Gorbaciof inizia a far sparire sempre più soldi dalle casse del carcere e a mettersi in mezzo ai trafici illeciti orditi da un agente di polizia penitenziaria (Nello Mascia).

 

 

Ambientato nel "Vasto", la "Chinatown" di Napoli, "Gorbaciof" racconta del tentativo di riscatto di due solitudini e alterna la tenerezza di occhi che anelano una via d'uscita con la durezza di un presente che impone la chiusura di ogni conto lasciato in sospeso. Stefano Incerti punta molto sul corpo e sul volto di Toni Servillo, che "gigioneggia"con la naturalezza di chi è capace di piegare ogni esigenza scenica al suo istrionico talento. Gorbaciof attraversa la città di sfuggita, va sempre di fretta, quando conta i soldi, quando li ripone nella cassaforte, quando cammina, quando parla, una frenesia che non si sposa affatto con la sua desolante solitudine (ottimamente restituitaci all'interno di un appartamento privo di calore, con un frigo vuoto e Gorbaciof intento a mangiarsi un panino in mutande) ma col fatto di essere abituato a giocare sempre al limite, a muoversi sempre al ridosso del permettibile. E' la psicologia del tavolo da gioco che permea l'esistenza intera del giocatore incallito. Poche parole e molti sguardi per capire le intenzioni degli altri e cercare di giocare sempre d'anticipo. Ma quando, finalmente, nell'altro che gli sta di fronte vi legge intenzioni amiche non può fare a meno di abbracciarne la causa. Quest'altro ha i lineamenti candidi di una bella ragazza e gli occhi smarriti di chi si sente un pesce fuor d'acqua. Parla solo il cinese Lila e questo accresce il senso del suo isolamento e la forza di un rapporto che si nutre di assensi emotivi. Forse tra Lila e Gorbaciof nascerà l'amore di una vita, al momento li lega l'urgenza di sperare in un domani migliore. Un pò di luce entra nella tetra esistenza di Gorbaciof e lui l'accoglie con sincero trasporto, imboccando una strada giusta ma dal senso sbagliato e per percorrerla tutta si vede costretto a superare il limite consentito. Non può fare altro che alzare la posta del suo gioco, barare anche se necessario, come se si trattasse della solita partita a poker. Non gli resta che di entrare in campo aperto, dove non è più padrone assoluto del suo istinto, della sua autonoma volontà di agire, in uno spazio in cui qualsiasi accidente può prendersi beffa di qualsiasi volontà di riscatto. E' un buon film "Gorbaciof", pieno di rimandi (è impossibile non citare "Carlito's Way" di Brian De Palma e neanche una situazione di chiaro stampo "tarantiniano")  ma con una peculiarità tutta sua, capace di delineare un'idea affatto banale di strutturare un noir, fatto di sottrazioni, usando poche parole per dire molto sulla condizione morale dell'uomo contemporaneo e su una città che ci viene restituita con tutto il suo potenziale criminogeno senza cedere al ricatto di dover far ricorso ai soliti clichè della criminalità organizata. "Gorbaciof" è la storia di un uomo che ha sempre agito in solitudine e Toni Servillo è uno dei pochi attori viventi capace di reggere sulle sue spalle il peso di un intero film.

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