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Our grand despair

Regia di Seyfi Teoman vedi scheda film

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La recensione su Our grand despair

di OGM
6 stelle

La città di Ankara, vista dall’intima prospettiva di un’amicizia per la pelle. E di un giovane dolore. Ender e Cetin sono due uomini sulla trentina, legati fin dai tempi della scuola da un rapporto di profonda complicità,  così anomalo e coinvolgente da collocarsi al limite di una vera e propria relazione amorosa. Nella loro convivenza, improvvisamente, si inserisce un elemento estraneo, e decisamente stonato: il loro amico Fikret affida loro sua sorella Nihal, reduce dal trauma derivante dalla morte di entrambi i genitori in un incidente stradale. Abbandonare la casa di Istanbul per andare a vivere altrove, in un ambiente protetto, sembra la soluzione ideale per quella ragazza tanto fragile, così duramente colpita dalla sorte proprio nel momento in cui si sta affacciando alla vita. La quotidianità dei due uomini è, in effetti, insolitamente tranquilla per una coppia di scapoli, costantemente venata dalla nostalgia e dalle malinconiche riflessioni su un passato non sempre facile, e quasi mai felice. Entrambi hanno avuto legami stabili con donne, che poi hanno dovuto lasciare. Si sono fidanzati, ma non hanno mai smesso di desiderare di stare insieme, magari sottraendosi agli occhi del mondo, che non avrebbe capito. Il loro sogno più grande, da adolescenti, era invaghirsi della stessa ragazza: un’utopia che finisce, inaspettatamente, per avverarsi con l’arrivo di Nihal. Questa storia, tratta da un romanzo di Baris Bicakci, vive dentro lo smarrimento delle anime costrette a seguire una strada diversa da quella della gente comune, che nasce, cresce, si sposa e mette su famiglia. Cetin, a cui, all’età di otto anni, è capitata la stessa disgrazia accaduta a Nihal, è stato allevato dal fratello maggiore, che allora era uno studente lavoratore. Ender è un essere solitario ed inquieto, incapace di coltivare le proprie passioni; è lo scrittore che non riesce a scrivere, l’innamorato che non osa dichiararsi. Tra quelle due esistenze sofferte ed inconcludenti si incunea, silenziosa, una terza presenza carica di dubbi e di insicurezze: un’ulteriore fonte di domande senza risposta, che si aggiunge all’ambiguità del loro ménage, portandovi, come unico punto fermo, la sconcertante evidenza di un dramma senza fine. La sceneggiatura è sfuggente, a tratti davvero oscura, e si muove cautamente restando ai margini del discorso, come per evitare di precipitare in quella voragine di desolazione che si apre al centro della vicenda.  I personaggi aggirano una realtà che fa paura, per il modo in cui li ha respinti, isolandoli in una nicchia in cui la sofferenza è l’unico elemento unificante, che riempie lo spazio e si respira ad ogni istante. Il mondo è là fuori, è quel vago ed anonimo concetto che sovrasta, come una nube grigiastra, i panorami metropolitani fatti di palazzi, strade e cielo, che sembrano abitati soltanto dal ricordo di un’umanità ormai spenta. Il  confuso vagabondare dei tre protagonisti è il disperato tentativo di ritrovare il filo del discorso, in mezzo a tante situazioni che non si comprendono o che fanno male,  per poter trasformare i propri fallimenti in punti di partenza di qualcosa da costruire ex novo. Insieme a loro la narrazione procede incerta e discontinua, con salti e stacchi non sempre giustificati, diluendo l’amarezza fino a disperderne il sapore, ed impedendo ai caratteri di giungere ad una  precisa definizione. In Our grand despair l’obiettivo rincorre il senso, con la dichiarata volontà di non incontrarlo: e così anche l’angoscia rimane fuori fuoco, in un racconto che arriva a sfiorare la mente e il cuore, rimandando però a tempi più maturi quella compiutezza di stile che sa fondere il dramma con la psicologia, e  il ritratto delle emozioni con la descrizione delle personalità.

 

Questo è il secondo film diretto da Seyfi Teoman. Ed il destino ha voluto che fosse anche l’ultimo. Il giovane regista turco è morto, a soli 35 anni, l’8 maggio 2012, in seguito alle gravi lesioni riportate in un incidente motociclistico.

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