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The Neon Demon

Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film

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La recensione su The Neon Demon

di supadany
6 stelle

“La bellezza non è importante, è l’unica cosa che conta” Frase cardine, e intrinseca, dell’opera di NWR che lancia una sfida che rischia di rimanere fine a se stessa. Un talento immenso confinato in uno spazio sempre più ristretto. Una rinuncia volontaria, tra genio e follia.

Che piaccia o meno, i tempi cambiano, colui che tutti conoscevamo come Nicolas Winding Refn, prospetto tra i più interessanti della cinematografia moderna, si firma/griffa NWR e affronta la sua nuova avventura, attesa, sbranata ancor prima di apparire, idolatrata e demonizzata in un breve lasso temporale – per i bookmakers il favorito, a scatola chiusa, a Cannes, per i critici alla premiere meritevole di sonori fischi – con assoluta consapevolezza andando oltre, in una sfida frontale.

In fondo, The neon demon è tutto questo, paradiso e inferno, amore e odio.

Jesse (Elle Fanning) è una minorenne appena arrivata a Los Angeles sognando una carriera da modella.

Fa breccia negli occhi delle persone che contano, ma questo comporta un odio che non è preparata ad affrontare.

Ruby (Jena Malone) le si avvicina amichevolmente ma anche lei vuole qualcosa, la sua parte, e il prezzo da pagare per rimanere in gara è troppo alto per le sue esili spalle.

 

Nicolas Winding Refn, Elle Fanning

The Neon Demon (2016): Nicolas Winding Refn, Elle Fanning

 

Avevamo lasciato Nicolas Winding Refn con Solo Dio perdona, un’opera all-in che spezzava i dogmi del cinema classico, che il precedente Drive richiamava in gran stile, finendo con lo spiazzare.

Con The neon demon prosegue la medesima falsa riga, piega la narrazione, sublima l’arte visiva, ma soprattutto rischia il ridicolo, o per lo meno, lo stesso è dietro l’angolo, recepibile come tale o come esaltazione di una direzione personale che apre un contenzioso tra chi è pronto a stracciarsi le vesti per difenderlo e chi invece vorrebbe vederlo bruciare all’inferno.

Una visione al femminile, un Donne di George Cukor in chiave splatter (cit.) con una bellezza feroce destinata a un precoce oblio durando in maniera inversamente proporzionale alla sua grazia, quando a vent’anni si è già troppo vecchi per le platee che contano, dove il grasso è già quella parte di semplice vita che si è depositata nell’anima.

In The neon demon tutti vogliono qualcosa e Jesse cattura tutti come se fosse una sirena semplicemente corporea, inevitabilmente anche il Male che non può ancora conoscere, un mondo reale che fagocita e annienta e che questo richiede per non perdere la scia.    

La narrazione si fa sempre più rarefatta, all’inizio la linea è comunque sibillina, la svolta è netta e circostanziale, non occorre spiegare tutto ed è giusto che certi tarli rimangano, che possano sedimentarsi e dare il via a illazioni di ogni sorta, ma surplus e assenze si accavallano.

Ad esempio, è lecito porsi dei dubbi sul mostrare o meno, una sorta di rebus - probabilmente voluto (chissà se con estrema coscienza) – tra sesso estremo in obitorio (in) e la violenza nella camera 214 (out).

Dopo di che, abbondano angoli acuti semplicemente sublimi, con musica e immagini che fanno gridare al miracolo - una forma che farebbe intuire video clip da tramandare ai posteri - tra simbolismi, esasperati o fondamentali, uno schema scarnificato, con suggestioni e deformazioni, eccessi gratuiti, ma talvolta necessari.

Va detto che rispetto a Solo Dio perdona, il mondo della moda, con la sua vacuità, è ben più consono a questo stile, ma l’eccesso pare comunque andare oltre.

Un’opera degna di tal nome, ma destinata a pochissimi (un regalo? Uno spreco?), criticabile all’inverosimile, ma chissà, è una delle poche attuali che ti farebbe venire la voglia di fare un salto in avanti di cinquant’anni per vedere come se parlerà (e se lo si farà), se è solo tempo perso - volendo NWR potrebbe fare di tutto - o una forma primordiale destinata a divenire immortale come, ad esempio, i mafia movie di Martin Scorsese.

Senza possedere la sfera di cristallo, si viaggia di pancia e il rischio è di inglobare o rigettare la pillola come se non ci fosse un domani ma solo l’attimo, sfuggente, bramato e consumato ancor prima di poterlo possedere.

In questo, tutto torna, il cerchio è chiuso.  

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