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La battaglia dei giganti

Regia di Ken Annakin vedi scheda film

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La recensione su La battaglia dei giganti

di giurista81
6 stelle

War Movie dallo sfarzoso budget, pieno zeppo di comparse (oltre 500), mezzi (non si contano i carri armati, si parla addirittura di 75 mezzi corazzati) ed esplosioni. Dopo aver già diretto Il Giorno più Lungo (1962), l'inglese Ken Annakin torna a misurarsi col cinema di guerra e lo fa con una produzione (in cui si inserisce anche il nostro Dino De Laurentis) griffata Warner Bros che gli mette a disposizione tutto ciò che un regista desiderebbe avere. Dal genere western arrivano Henry Fonda, Ty Hardin, Robert Woods e Charles Bronson, tutti poi grandi protagonisti nello spaghetti western; altri volti celebri del western sono Robert Ryan (qua generale americano) e Telly Savalas, c'è poi Robert Shaw (Quint ne Lo Squalo) nei panni del colonnello Hessler, l'antagonista di turno. Grande cast tecnico e artistico per un film corale che, pur volendo essere altamente spettacolare, risente di tutti gli anni che ha.

Annakin non è uno specialista di cinema d'azione e la cosa penalizza il prodotto. Pur inserendo soggettive (spesso accelerate) di auto, treni, carri armati, non riesce a trasmettere un'emotività alla regia. Piuttosto distaccato, lontano dal campo di battaglia, sembra quasi voler esaltare l'ingente sforzo organizzativo della produzione. Molti sono i morti eppure la violenza non viene percepita dallo spettatore. I soldati muoiono in serie, ma lo fanno senza che se ne veda il sangue. In una sequenza vediamo un folto numero di prigionieri militari americani uccisi a tradimento dalle mitragliatrici tedesche.

Anche gli effetti sonori sono piuttosto addolciti e non scuotono lo spettatore. Annakin gioca sulle distanze, piazza lunghe riprese aeree che evidenziano il largo schieramento dei panzer (che poi sono carri americani rivestiti con colori tedeschi) che avanzano verso le Ardenne, costringendo l'esercito americano a retrocedere, quando ormai sembrava avere in pugno le sorti della guerra. I valori in campo saranno riprestinati dalle carenze di benzina dei tedeschi.

Annakin sceglie l'azione, con voli aerei perlustrativi, smitragliate e soprattutto cannonate che portano alla distruzione di interi villaggi. Belle, al riguardo, le scenografie di palazzi sventrati e delle rovine, che si alternano alla campagna e a scenari boschivi innevati, a evidenziare il potere catastrofico del volume di fuoco teutonico. 

Convince meno la sceneggiatura. Pochi personaggi sono caratterizzati a dovere. Tra questi vi è quello del colonnello Hessler, interpretato da un freddo Shaw. Il personaggio incarna il tipico ufficiale nazista, pieno di sé e interessato a ottenere riconoscimenti dal Fuhrer che ne esaltino il coraggio e l'intraprendenza (peraltro innegabile). "Quell'Hessler è un demonio!" commenta il generale tedesco. E' infatti un soggetto che vive per la guerra, al punto da considerarla ideale condizione di vita, quasi che questa debba estendersi il più avanti possibile a prescindere dalle concrete possibilità di vittoria. Un atteggiamento che porterà il più pragmatico aiutante (interpretato da Hans C. Blech) a chidergli di esser destinato ad altro servizio. Quest'ultimo infatti gli rivelerà di voler rivedere i propri figli e di sperare che questi non seguano la sorte dei tanti giovani che, ora, servono la madre patria in una guerra che non potrà che portare alla disfatta nazista. "Voi come molti altri ufficiali siete un illuso" grida a male parole all'altro che lo accusa di essere un traditore della patria. Una visione che, a differenza di Hessler, lo porterà ad avere salva la vita.

Di ben altro tenore è il personaggio farsesco interpretato da Telly Savalas (che poi farà la fortuna nei panni di Kojak). Mentre Hessler è un ufficiale tutto di un pezzo, il sergente Guffy è un affarista, eticamente alquanto discutibile, che va in giro portando sul suo carro armato beni di ogni tipo, così da cederli ai cittadini e arruffare dollari a destra e manca. Per lui la guerra è un'ottima occasione per fare cassa. "Non ritornerò in patria senza aver fatto soldi!" Un individuo forse incoscente dei pericoli verso i quali si lancia e che, a suo modo, porta una sorta di allegria in un contesto tragico che vedrà perire anche la donna innamoratasi di lui (la nostra Anna Maria Pierangeli). "Quello che non capisco è come voi possiate esservi innamorata di uno come me!?" Un evento questo che lo punge nell'onore e lo porta a riabilitarsi, contribuendo alla disfatta di Hessler.

Piuttosto freddino, eppure arguto, il personaggio di Fonda. Un poliziotto locale, divenuto colonnello, che, a differenza di tutti gli altri, legge bene la situazione e vede nell'atteggiamento nazista il proposito di lanciare una pericolosa controffensiva. Deriso da tutti, al punto da esser tacciato di esser un ubriaco, avrà ragione, ma non ci terrà troppo a farlo notare. Anonimo Charles Bronson, in un ruolo non certo memorabile nella sua carriera. Ruolo da sabotatore tedesco, vestito da MP, per Hardin, responsabile di un gruppo di incursori fatti paracadutare dietro le linee nemiche. Fotografia e colonna sonora senza infamia e senza lode.

La Battaglia dei Giganti rimane un grande classico del cinema di guerra, ma con svariati punti deboli.

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