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Heartless

Regia di Philip Ridley vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Heartless

di Marcello del Campo
4 stelle

Philip Ridley, romanziere per ragazzi (Dakota delle bianche dimore, Fenicotteri in orbita, ecc), non ha le capacità narrative di un Roald Dahl o di Clive Stapleton Lewis, ma come regista ha lasciato il segno una ventina di anni fa con Riflessi sulla pelle (The Reflecting Skin, 1990) che fece incetta di premi ed esaltò la critica delle pratiche basse, dura a morire ancora oggi. Nel 1995, tra esposizione di opere di pittura, fotografiche, testi per canzoni (Ridley, molto modestamente, si autodefinisce “uomo del Rinascimento per l’era multimediale”, un nipotino di Leonardo da Vinci, dunque), trova il tempo per dirigere il suo secondo film, The Passion of Darkly Noon (in italiano Passeggiata nel buio o anche Sinistre ossessioni) che fa urlare al capolavoro i devoti del cult.
Bisognerebbe indagare le ragioni che spingono alla nascita di cinefili in attesa messianica del ‘nuovo film di Ridley’, perché, a parte una notevole vena gotico-rurale che gli riconosco e una buona dose di originalità visionaria, derivativa da Lynch, Ridley non ha nessun talento registico. Spiacente per i suoi fan, ma se costoro leggessero qualcosa di Faulkner, Flannery O’ Connor (di questa grande scrittrice basterebbero le cinquanta pagine degli Storpi entreranno per primi per decurtare l’uomo del nuovo rinascimento di una buona metà del suo credito), per non parlare di James Purdy o del quasi misconosciuto William Goyen, per capire che Ridley non vale neppure molto come scrittore. Ma ‘rassegnarsi convien’: Ridley è entrato nelle pance dei suoi estimatori, grazie a una filosofia spicciola fatta di manicheismo, storture della visione, onirismo infero, personaggi che prendono fiamma per autocombustione (ridicola la scena di Brendan Fraser che si incendia in Darkly Noon), bambini che spiaccicano ranocchie, ecco, altro che Rinascimento, con Ridley si torna indietro a Hyeronimus Bosch (che non è un’offesa, se non per Bosch).
Ciò che più apprezzo di Ridley non è la polpa, ma gli ingredienti: la scoperta di belle facce come Viggo Mortensen, Ashley Judd, Brendan Fraser, i testi delle canzoni di P.J. Harvey e la sceneggiatura del film The Krays di Peter Medak (I Corvi, 1990), questo sì un talento sprecato intermittente.
 
Dopo quindici anni di silenzio, Phil Ridley ritorna con Heartless, un film più modesto dei due precedenti che ha però il merito di avermi strappato qualche risata soprattutto per i difetti speciali: camera in fibrillazione, rumoristica agghiacciante da disco preconfezionato, dialoghi ridicoli.
La storia è nota: prendi il mito di Faust, scegli un ragazzo inespressivo come Jim Sturgess (che, grazie all’inespressività si è imposto in serial ma anche in Crossing Over, Across The Universe ed esploderà con sei film tra il 2011/2012), gli fai fare Jamie Morgan, un pivello che, preso dallo sconforto nel vedere bande giovanili che bruciano vecchietti la notte, assassinano ragazze che non tornano presto a casa la sera, prima tenta di opporsi con la poca forza del suo gracile corpo, ma, una volta che ha compreso che i nemici nottambuli sono emissari del demonio, decide di scendere a patti con il Signore del Male.
Jamie ha un problema serio: una voglia grande come una foglia di ficus deturpa il suo viso: al diavolo confesserà che è stato suo padre: “Quando sono nato, papà mi ha baciato forte sull’occhio e ha detto ‘stellina mia!”. Questo stigma facciale impedisce al ragazzo una vita normale, infatti, va in giro con un mantello da monaco con la calotta per nascondere lo sfregio, perciò i giovinastri del quartiere lo insultano: “Ehi, Elephant man, dove vai?”
Urge contattare il diavolo in persona.  
Questo Signore si chiama Papa B. (interpretato dal Carneade di serial Joseph Mawle) e, come tutti i cittadini abbienti, ha una casa al centro di Londra. Papa B. è il comandante generale delle Legioni che imperversano nei meandri bui della città, anzi ne sono i padroni, sia mai che qualche arzillo nonnino decida di menar tardi la notte che quelli, mascherati da diavoli, gli fanno la festa.
Jamie si reca a casa di Papa B. e si acconcia a subire il battesimo del fuoco.
Dopo un’autocombustione che somiglia a quella di Brendan Fraser, Jamie rinasce a nuova vita e, dalla corazza di pelle bruciaticchia entro cui è avvolto, emerge il Jamie modello-strong, finalmente liberato dalla voglia sul viso e pronto a concupire la compagna di scuola che non se lo fila.
Alt, gli dice PapaB., mica te ne vai così, dobbiamo fare un contratto, per stanotte alle ore 12 devi scannare un ubriaco, poi devi strappargli il cuore e depositarlo sugli scalini della chiesa di fronte.
Jamie ha troppi vantaggi as young devil per non obbedire, perciò compie il primo omicidio, poi altri, ma la posta in gioco è troppo crudele perché il giovane possa accettare il patto criminale.
Il resto del film è intuibile ordinaria amministrazione.
Da Ridley-Il Ritorno, mi aspettavo qualcosa di meglio di un horror che scimmiotta L’ultima profezia; quanto al talento visionario di Reflecting Skin, qui non v’è traccia.

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