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Tournée

Regia di Mathieu Amalric vedi scheda film

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La recensione su Tournée

di PompiereFI
4 stelle

Venghino siori, venghino. Il new burlesque è in partenza da Le Havre, passa da Nantes e ferma a La Rochelle. Viaggia in treno, dorme in alberghi di second’ordine e ha camere con vista su Parigi. Porta con se’ un carico ingombrante di americane formose, che intrattengono con ironici numeri musicali gli spettatori di provincia. E’ un lavoro che sconfina nell’abitudine, e fa crescere la voglia di girare le città sbiadite, quasi senza nome, che le donne sono costrette a frequentare per tirare su qualche soldo.

 

Il produttore che le scarrozza si chiama Joachim Zand (Mathieu Amalric), uno che si arrangia come può, contratta animatamente sulle percentuali di guadagno ed è in perenne conflitto col proprio orgoglio. Gira con macchine a noleggio imbruttite da imballaggi che ricoprono i sedili, mangia nei peggiori fast-food, e ha un improvvisato e superficiale rapporto coi figli. I mezzi a disposizione sono sempre meno, e le ragazze, sorridenti ma a disagio, vivendo nell’illusione di poter avere uno show tutto per se’, fanno gruppo e si accontentano. I soldi se li mangiano solo in scena, l’unico posto dove possono vincere perché è lì che dimostrano di amare il loro corpo dalle forme esagerate. Per una volta il giro vita non è un problema, così come la cellulite; le movenze sono provocatrici più che procaci, e danno un nuovo senso perfino al romanticismo di “Moon River”.

Quando scendono dal palco, il gruppo di signore in carne si esibisce in modo imbalsamato: il loro recitare è più che altro un arrangiarsi nelle espressioni e nelle movenze. Fanno a gara con Joachim a rispondere alle numerosissime chiamate al cellulare e ad aspirare inesauribili sigarette (esempio piuttosto orribile di riempitivo/escamotage narrativo). La sceneggiatura non è da meno: scritta sul lato corto di una baguette mancante di sale, “salta” volutamente fuori dal contesto delle rappresentazioni teatrali per scoprire inutilmente la vita fantasma del personaggio di Amalric.

 

Perché quando ci sarebbe stata l’opportunità di approfondire le vicende e le argomentazioni di un padre allo sbando che inciampa per caso nei figli che ha, che non conosce e non conoscerà mai, dei quali subisce quasi senza ferirsi i rimproveri inespressi, la scrittura si eclissa per ricomparire in un breve barlume esemplificativo sul feeling (comunque negato) tra Joachim e Mimi Le Meaux, una delle “burlesquettes” danzanti.

Amalric, volto scolpito nella pietra, soffoca i lati più sofferenti, si fa brillare gli occhi solo per un attimo e poi continua imperterrito a infarcire di mistero il suo personaggio, ormai sulla (de)riva con una nuova famiglia di persone che ridono, apparentemente felici. Piuttosto che cercare di togliere musica, sonoro o spegnere le tv delle hall, avrebbe fatto meglio ad aggiungere argomenti dalle tempistiche adeguate, scritti più emozionanti e storie interessanti.

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