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City Island

Regia di Raymond De Felitta vedi scheda film

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La recensione su City Island

di ROTOTOM
4 stelle

C’è una ricetta standard per i filmetti indipendenti americani, quelli che vengono adorati dai radical chic del Sundance e del Tribeca  e che sostanzialmente parlano di nulla ma in modo molto carino e simpatico.

Ci vuole una famiglia disfunzionale pesantemente calata nella Working Class, questa famiglia deve essere composta da più persone dalla personalità incasinatissima, a rischio analisi tipo Vince Rizzo il classico italo americano da generazioni installato nella stessa casa, secondino che aspira a fare l’attore e che fuma di nascosto dalla moglie fingendo di giocare a poker invece di confessare che studia recitazione (!) . O tipo il figlio minore, ribelle bello e dannato in fissa per le ciccione che fuma di nascosto da tutti. Poi c’è la figlia maggiore che fa la spogliarellista mentre tutti la credono studentessa modello, che fuma all’insaputa di tutti e si fa le canne e ha le tette rifatte. C’è Amy la moglie madre nevrotica che fuma di nascosto da tutti e si incazza per il più piccolo motivo accarezzando l’idea di aver buttato la propria vita su un molo a City Island, sul Bronx. E poi c’è Tony, figlio di Vince a sua insaputa, bello e dannato ma non così tanto che con la sua sola presenza porta scompiglio e scopre in una mezza giornata ciò che gli altri si tengono di nascosto da anni.

Le vicende di queste persone devono essere calate nella vita comune di tutti i giorni, quella che viviamo tutti quando ci alza la mattina per poi morire la sera.  Solo che a questi tipi buffi nell’arco di una giornata ne capitano una più del diavolo e cavolo hanno una vita davvero intensa questi della Working Class del Bronx.

Altro ingrediente, i dialoghi. I personaggi delle vicende dei film indipendenti che piacciono alle zitellone del Sundance e del Tribeca (nel quale ha vinto il premio del pubblico nel 2009, e poi dicono che è in crisi il cinema, ma si guardi agli spettatori perdìo)  parlano tanto e bene, dicono le maialate ma le dicono sciolti così che diventano simpatici e cool. Parlano di sentimenti e calzini, sesso e bistecche, automobili e figli, i pianeti e tua nonna. Fondono tutto in un unico marasma verboso a getto continuo, pieno di inflessioni, modi di dire, interlacalari, uno schizofrenico soliloquio di gruppo che pare perfettamente spontaneo e invece è studiato a tavolino in un modo quasi militaresco. Nessuno parla così nel mondo, così come parlano questi americani medi che hanno negli occhi la poesia e la noia di milioni di film tutti esattamente uguali.

Queste persone si contraddistinguono dagli altri perché sono vestite male, sono vestite da gente che scientificamente pesca le peggio cose dall’armadio, quelle che se le dai in beneficenza ai poveri,  i poveri ti denunciano ad Amnesty, solo per poi specchiarsi per puro caso in una vetrina e sorprendersi a dire nel loro fottuto modo di parlare : hey ma come cazzo mi sono vestito oggi?

Hey, parlano davvero tutti così, come i picciotti di Don Vito Corleone. E si muovono così, sgranando gli occhioni  buttando la pancia di fuori e allargando le braccia coi palmi delle mani di fuori. Hey, stai dicendo a me? La tipica recitazione da Sundance fintamente sottratta ma piena di mossette, facciotte, gestini, versetti, ammiccamenti, cazzatelle (non so cosa siano ma loro si), sguardini. Vento tra i capelli, moccolo, lacrimucce, sentimentini sbatacchiati qui e là. Recitano come recita al meglio la nostra Giovanna Mezzogiorno quando si nevrotizza e piange e urla. Ma per favore.

Cosa succede qui? Succede che il bello e dannato quasi quasi si fa la moglie di suo padre, ma non se la fa, peccato.  Il figlio minore riesce a conoscere la cicciona dei suoi sogni, ma anche lui non se la fa, chi se ne frega.  La ragazza confessa il suo abbarbicarsi semi nuda ad un palo a scopo alimentare e ottiene immediato perdono ( nei film di Scorsese avrebbe ricevuto una coltellata in pancia, eh non ci sono più gli italo-americani di una volta), la moglie ritrova l’amore perduto, il marito ottiene davvero la parte in un film di Scorsese (!) e tutto finisce a tarallucci e vino come dire “Hey scherzavamo, è solo un film, grazie dei soldi”.

  La famiglia si ricompatta, i segreti sono volati via come falene carbonizzate dalle gabbiette elettrificate e rimane nell’aria quell’insopportabile puzzo di carne morta. Puzzo sotto il naso questa è l’essenza di questo film irritante e falso, che vorrebbe essere una metafora di quartiere del sogno americano, testo filmato con poche idee e  sterile esercizio di metacinema in cui il concetto che passa è che tutti sono attori che vivono la loro parte adattandola ai desideri altrui, da qui la performance d’attore che libera  Vince dai suoi segreti e svela la sua vera natura, ma Vince è interpretato da Andy Garcia che recita e quindi la sua natura è falsa e …..la verità è che avere un sogno e la faccia da culo fa molto New York.

Ah, poi non ho notato se fumano ora che tutti sanno degli altri, secondo me no, era la cosa più importante visto che in America se esci da un Mall con un fucile mitragliatore e un pacchetto di sigarette ti guardano male perché fumi. Scusate.

Sono commedie così che fanno rivalutare i film di Van Damme.

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