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La vita facile

Regia di Lucio Pellegrini vedi scheda film

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La recensione su La vita facile

di OGM
4 stelle

Com’è strano questo cinema di casa nostra, leggero come carta velina anche quando l’argomento si fa serio. In questo caso il tipico buonismo si fa appena un po’ più duro nelle cadenze verbali, però in fondo è sempre lì, pronto ad accenderci l’animo di tenerezza e a strapparci il sorriso con la sua ironia piaciona. Che ne sa, questo film, della realtà delle missioni in Africa, e perché ne trae spunto per questa commediola imperniata, per l’ennesima volta, sugli arcinoti vizi italici? Un film che, senza eccesivo sforzo, si limita a mescolare, nella solita composizione orecchiabile, una manciata di ingredienti narrativi ampiamente collaudati sul campo, dagli idealismi e le passionalità alla Gabriele Muccino, agli intrecci di amore, amicizia e solidarietà alla Ferzan Özpetek, senza trascurare del tutto l’esotismo burlone dei fratelli Vanzina. Solo il nostro inguaribile romanticismo “nazional-popolare” può accostare, senza provare imbarazzo, il bambino keniota affetto da tubercolosi e la cofana de tonnarelli, e far convivere, sotto lo stesso cielo, la fuga all’estero del medico indagato per corruzione (che rimpiange gli ingorghi sul lungotevere e il cornetto e il cappuccino) e l’esilio per dimenticare del giovane innamorato deluso (i cui flashback rievocano i momenti clandestini con la fidanzata del suo migliore amico). Ed è inutile cercare, nell’”ospedale baracca” della savana, uno sfondo che faccia da supporto ad una storia senza trama, incapace di reggersi da sola, perché degli scandali pubblici da rotocalco e di quelli privati da feuilleton ci propone soltanto la postfazione, fatta di ripicche, recriminazioni e sensi di colpa fuori tempo massimo. La vita facile, con quel moralismo equo-solidale che occhieggia dal titolo, fa pensare a una partita di materiale usato e riciclato a fin di bene: ma va da sé che non basta apporre un marchio umanitario sulla confezione per riscattare la qualità del contenuto. 
Onore al merito della coppia Accorsi-Favino che, nonostante tutto, riesce a rendere gradevole questo prodotto del tutto privo di spessore.

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