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Sballati per le feste

Regia di Jonathan Levine vedi scheda film

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La recensione su Sballati per le feste

di supadany
5 stelle

Giunto al suo quinto film da regista, Jonathan Levine (Fa’ la cosa sbagliata, 50 e 50) si adagia per la prima volta nella tipica commedia americana moderna, che vuol far ridere sguaiatamente senza rinunciare all’apposizione di una riflessione.

Una simbiosi che raramente porta fortuna, se poi si aggiunge la componente natalizia, con tanto di presenze dall’aldilà, il terreno diventa pericolosamente viscido.

New York, vigilia di Natale. Ethan (Joseph Gordon-Levitt), Isaac (Seth Rogen) e Chris (Anthony Mackie) sono pronti a rispettare la tradizione, che li vede uniti per una sera nel divertimento più sfrenato, per l’ultima volta.

La solita routine è spezzata dall’ottenimento da parte di Ethan di un invito succulento, mentre Isaac sa che potrebbe essere la sua ultima libera uscita, sua moglie Betsy (Jillian Bell) è in dolce attesa, e Chris sta facendo i conti con la sopraggiunta celebrità.

 

Seth Rogen, Joseph Gordon-Levitt, Anthony Mackie

Sballati per le feste (2015): Seth Rogen, Joseph Gordon-Levitt, Anthony Mackie

 

Jonathan Levine approda nella scuderia squinternata di Evan Goldberg, presente come cosceneggiatore, e Seth Rogen, protagonista in scena (insieme in film come Facciamola finita, The interview e Sausage party), e il campo dell’azione pare circoscriversi.

Tra amici che non si lasciano mai nonostante gli anni passino per tutti e una festa anelata da anni, Sballati per le feste potrebbe essere immaginato come un’ideale prosecuzione di 50 e 50, con il personaggio di Joseph Gordon-Levitt guarito, anche se è più facile associarlo a Una notte da leoni traslata sull’ultima notte di follia di un gruppo di adulti alle prese con passaggi duri da assorbire o tutti da conquistare.

Infatti, tra droghe, alcol e tutti quei vizi che gli uomini non dimenticano mai, ricascandoci bellamente in pochi minuti, si punta prima di tutto sull’aspetto comico che sfocia più volte nel demenziale, complice la presenza di Seth Rogen, deputato a combinarne di tutti i colori.

Alcuni vettori sono eclatanti, tra una registrazione video sotto effetto di funghetti allucinogeni per ricordare al se stesso sano quanto potrebbe essere brutta la prossima realtà, una presenza in chiesa che non omette alcun comportamento politically uncorrect e uno scontro tra Ethan e due finti Babbi Natale che non rappresentano lo spirito della festa, mentre altri, la maggior parte, pagano il prezzo dell’improvvisazione ma, in ogni caso, si rientra nella casistica del genere e in tal senso il film funziona egregiamente, collocandosi sopra la media.

Tuttavia, è proprio la volontà di apporre sopra a questo spartito dell’altro a risultare controproducente, arrivando a sfociare in un happy end con tanto di morale incollata senza tanti pensieri, aggravata da un’escursione supplementare che proprio nessuno avrebbe voluto ascoltare, per una ridondanza che fa cadere le braccia.

In questo itinerario, Seth Rogen fa la voce grossa nel ruolo del reagente che alimenta la miccia del demenziale andante, Anthony Mackie è moderatamente divertente, mentre Joseph Gordon-Levitt è chiamato a dare qualcosa di più e non può sempre funzionare, dipendendo più degli altri dalla funzionalità del film stesso. Intorno a loro, tra personaggi secondari e cammei, si dimenano parecchi volti noti: Jillian Bell (22 jump street) si trova nel posto giusto, Miley Cyrus interpreta se stessa senza darsi alcuna aria, Mindy Kaling risponde alle sollecitazioni, Lizzy Caplan è oggetto della vena romantica, mentre James Franco non poteva mancare, irregolare e subito pronto a far festa con il personaggio del suo amico Seth Rogen, scherzando anche sulla sua sessualità (praticamente, è come se ripetesse il suo se stesso di Facciamola finita). Infine, un capitolo a parte lo merita Michael Shannon, la presenza che non ti aspetteresti mai, perfetto nella parte del pusher illuminato (a tutti gli effetti, la sua macchina lo è sempre, anche nel bel mezzo della notte) che guida i suoi bambini, peccato solo che il suo utilizzo non sia solo ricorrente (sul significato della sua presenza sarebbe meglio sorvolare).

A conti fatti, dal promettente Jonathan Levine era doveroso aspettarsi una miglior calibrazione delle escursioni oltre al comico, mentre quando si tratta semplicemente di ridere pesantemente, ha il merito di aver tenuto un clima amichevole tra bambinoni poco cresciuti.

Gustosamente regressivo, dissacrante e digressivo, con il peccato, tutt’altro che veniale, di averlo inficiato con umori inconciliabili, malamente adoperati (un po’ come se in Scemo e + scemo i due protagonisti avessero capito di non essere così idioti).

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