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Venerdì 13: incubo a Manhattan

Regia di Rob Hedden vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Venerdì 13: incubo a Manhattan

di DeathCross
6 stelle

Jason, alla sua settima (senza contare il Primo Capitolo, per ragioni credo abbastanza note) 'fatica' sul Grande Schermo, viene trasferito dall'ormai arcinota Crystal Lake per approdare a Manhattan. In realtà la 'gita' di mr. Voorhees a New York occupa poco più di mezz'oretta finale, quasi 1/3 della durata totale: la maggior parte dell'azione (e quindi degli assassini) infatti avviene sulla nave, servendo su un piatto d'argento un potenziale claustrofobico a dir poco promettente. Purtroppo questo potenziale non viene sfruttato però a "dovere" secondo me, se non in alcune sequenze come quelle ambientate nella stiva (dove muoiono J.J, la chitarrista, e Wayne, il 'cineasta'): il film predilige invece riproporre i ritmi e i codici della saga (e del genere Slasher) cambiando semplicemente l'ambientazione, dal campo estivo lacustre alla nave. Troviamo quindi teenager più o meno superficiali (fatta eccezione per 1-2 protagonisti con una certa "fibra morale") destinati ad essere massacrati da Jason, accenni erotici destinati sempre ad un pubblico di teenager (niente sesso 'adulto', morboso, 'hard', ma solo stuzzicamenti degli ormoni adolescenziali), e in diversi punti la sospensione dell'incredulità arriva ad essere un po' forzata (Jason se ne va in giro indisturbato in un luogo assai circoscritto come una nave senza che nessuno si accorga della sua presenza e dei suoi omicidi, e senza sentire la probabile puzza di marcio che dovrebbe portarsi addosso!).
La parte ambientate a N.Y. invece non vedono mr. Voorhees 'spadroneggiare' nella grande mela seminando morte e panico: il nostro omone mascherato sembra infatti essere ossessionato dall'idea di dover uccidere i suoi 'compaesani', ignorando la massa di newyorkesi (salvo quando lo ostacolano apertamente) e, anzi, si diverte a bullizzare una banda di punk (prima spaccando la loro radio, poi spaventandoli mostrando il suo volto) senza però pensare manco per un secondo di 'sprecare' il suo talento omicida con gli autoctoni. Questo in realtà credo sia giustificato da quello che accenna il marinaio (esponente della tradizione di vecchio oracolo tipica di Crystal Lake e altri paesaggi slasherosi), secondo cui Jason è impegnato in una sorta di "crociata" (il termine non credo salti mai fuori in nessun capitolo, specialmente non in questo, ma mi pare rendere bene l'idea) contro i teenager di Crystal Lake per vendicare la morte della madre e il suo annegamento infantile.

Comunque non voglio che questa mia parentesi negativa dia l'impressione sbagliata sulla mia opinione a riguardo del film: sicuramente ci troviamo di fronte ad un filmetto, ad un prodotto d'intrattenimento di qualità media intenzionata a mostrare un alto numero di uccisioni per accontentare un pubblico per lo più giovanile più o meno amante dell'Horror, dove l'Arte (anche "di Genere") non ha posto se non forse negli effetti e nei trucchi artigianali.
Consapevole dello status estremamente commerciale del film, tutti i commenti negativi sopra enunciati vengono a cadere e, in definitiva, "Jason Takes Manhattan" risulta un filmetto assai efficace nell'intrattenere senza pretese l'appassionato di Orrore e di Slasher. Personalmente, almeno, accettata (anche con una certa facilità) la natura semplice del prodotto e calatomi in uno stato d'animo più rilassato e meno legato ad un'interpretazione critica del Cinema, ho trovato decisamente godibile questa seconda visione (così come la prima) di questo ottavo capitolo dedicato al signor Voorhees, e credo anche che le critiche drasticamente negative sparse in giro di 'peggior capitolo della saga' siano alquanto eccessive. Forse sono io che parto benevolo verso un trasloco dell'attività violenta del "Protagonista", o forse è lo stato d'animo assai rilassato con cui guardo questo tipo di film conscio di guardarmi qualcosa di tutt'altro che artistico, però penso che "Jason Takes Manhattan", per essere ben l'8° capitolo di una lunghissima serie di film dall'animo quasi sempre smaccatamente commerciale, abbia una sua dignità. Si è tentato di cambiare un po' l'aria abbandonando l'ormai troppo nota Crystal Lake e, anche se alla fine il cambiamento è più apparente che effettivo, questo tentativo dà una personalità particolare a questo capitolo; inoltre, alcune inquadrature e alcuni passaggi di montaggio (come gli stacchi 'fotografici', dove il movimento si congela, in alcune sequenze cariche di emotività) hanno catturato la mia attenzione Cinefila, e nel complesso le morti continuano ad essere messe in scena in modo gustoso. Il cast inoltre, anche se certo non brilla (e la protagonista, specialmente vocalmente, mi è parsa spesso non troppo convinta), è funzionale al ruolo di carne da macello per Jason, interpretato ancora una volta da Hodder in modo efficace e corporale (adoro il modo in cui inclina la testa quando vede il cartellone pubblicitario raffigurante un giocatore di hockey, come adoro le sue profonde inspirazioni 'da fermo' prima di dedicarsi ad un omicidio e/o inseguimento). Interessante notare come l'incipit sulle note di "Darkest Side of the Night" mostri le location 'precise', con tanto di personaggi, che poi torneranno nella parte finale ambientata a New York.

Insomma, sicuramente non ci troviamo di fronte ad un'Opera d'Arte e nemmeno ad uno dei capitoli migliori della Saga di "Friday the 13th", ma preso per quello che è e che ammette di essere, ovvero un sequel slasher volto esclusivamente all'intrattenimento degli appassionati del filone e del Personaggio, "Jason Takes Manhattan" è un prodotto efficace sul piano dell'intrattenimento, e la sua mancanza di pretenziosità e seriosità lo rende molto più 'simpatico' di certe produzioni (per lo più 'contemporanee') caratterizzate da una cupezza farlocca e da una arroganza fastidiosa, quando in realtà pure questi sono soltanto dei prodotti privi (o quasi) di Arte e volti soltanto a mietere soldi.

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