Regia di Gian Luigi Polidoro vedi scheda film
Nella gara di velocità verso il Satyricon tra Polidoro e Fellini, con Petronio Arbitro (che gioco di parole, eh?), prevalse il primo, che riuscì ad arruolare Tognazzi - arrabbiato verso il Riminese per la rinuncia al Viaggio di G. Mastorna, che gli era stato promesso – ed un altro fedelissimo felliniano come Franco Fabrizi (I vitelloni, Il bidone). Sul piano della qualità, però, Fellini restò imbattuto. Pur tenendosi fedele a Petronio, Polidoro difetta di inventiva, si accontenta di filmare gli episodi del romanzo nella maniera più sporcacciona e scorreggiona, finendo per fare del suo Satyricon uno dei tanti episodi della commedia all’italiana. Anche se viene rappresentata la corruzione dei costumi, che ormai nessuno si preoccupava di stigmatizzare, manca quasi del tutto l’elemento funereo, da fine di un’epoca (con Nerone si chiude la dinastia Giulio-Claudia). Polidoro filma tuttavia qualche buon momento, come la cena di Trimalcione (Tognazzi), dove è satireggiata anche la posizione patetica degli intellettuali, in completa balìa economica dei nuovi ricchi.
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